Mille amori racchiusi nella galleria d’arte MancaSpazio II a Nuoro.
L’unione tra la mostra “Segnali di vita” dell’artista Cenzo Cocca e il Museo del Ghirigoro a cura di Chiara Manca, ha generato un enorme successo, appassionando i visitatori.
Almeno due i tipi di amore visibili, differenti ma connessi da fili tracciati dalla penna.
Grovigli di tessuto e inchiostro che si fondono in un unico concetto: creare un ambiente familiare.
“Tutte le planimetrie esposte sono della casa dove sono cresciuto – dice Cenzo Cocca -. Ho recuperato il progetto iniziale, con gli anni avevamo apportato delle modifiche. La mostra è nata grazie a Chiara Manca che mi ha chiamato ad esporre dopo aver visto una serie di lavori, la ringrazio tanto. L’idea iniziale era quella di fare una mostra con le carte”.
I lavori sull’abitare si presentano suddivisi in tre parti: dieci sul progetto della casa, dieci interni cuciti di ‘attimi’, dieci cubi cuciti che illustrano i sensi dell’abitare: tatto, olfatto, suono; a richiamare ciò che consideriamo casa, abitudine. Si presentano inoltre aperti nel lato in basso dove si intrecciano fili colorati, grovigli di pensieri che portano, attraverso meccanismi, a conoscere, collegare e instaurare legami con persone, casa e sé stessi. Un viaggio nel pensiero, meditare per produrre.
“All’interno delle planimetrie ho inserito dei percorsi – spiega Cenzo -. Si tratta di ricordi, catalogazione di esperienze vissute negli ambienti domestici. E microluoghi, i nostri angoli, dove l’abitare si manifesta”.
Si notano, in alcune zone, profondità e altezza, come se ciò che si sente di più profondo in realtà si trovi a volte vicino e altre volte distante, irraggiungibile, se non attraverso pensieri che rigirandosi, “aggrovigliandosi”, su sé stessi tracciano strade verso la luce.
“Quando nasciamo stiamo già abitando il mondo, il grembo era la nostra casa. Siamo spazio dentro e fuori – dice Cocca -. Perciò mi domando quali siano le parole che accompagnano la vita. Per rispondere bisognerebbe scavare dentro sé stessi e ricostruire le esperienze”.
Cenzo Cocca mostra l’intimità più profonda dell’anima. Spesso essa si rispecchia tra le pareti di casa creando un ambiente accogliente.
In quello spazio si è divisi tra l’essere autenticamente umani e il mostrarsi agli altri.
Convivono spazi per tutti, pochi e sé stessi.
Il carattere traccia il punto dove decidiamo di collocare i tre elementi, segnalati dall’artista con teli e fili che guidano come sentieri, puzzle. L’ultimo di questi elementi lo si custodisce gelosamente, per pudore, talvolta non si mostra a nessuno e altrettante volte lo si analizza in dialoghi mentali che Cenzo rappresenta con fili aggrovigliati, segno di fusione e confusione di pensieri, attimo fuggenti, costanti, senza logica.
Eppure così attinenti alla realtà più recondita dello spirito.
L’artista si mostra così spettatore esterno di ciò che accade nel complesso mondo dell’immaginazione e lo ritrae facendosi guidare dalla mano.
E, a proposito di fusioni e confusioni, la mostra del Museo del Ghirigoro vede come protagonisti i visitatori che tracciando linee casuali creano capolavori.
“La proposta di organizzare una mostra sul Museo del Ghirigoro nasce circa un anno fa, quando ancora non esisteva MancaSpazio II – dice Cenzo -. Chiara Manca voleva portare il museo a Nuoro. Ce l’ha fatta”.
“Il museo nasce ad Aggius nel 2021 attraverso un esperimento – dice Mario Saragato, ideatore e curatore del museo -. Avevo chiesto ad amici e conoscenti di disegnare uno scarabocchio. Dopo un mese circa ho ricevuto una ventina di schizzi, notando con stupore che molti non erano propriamente ghirigori ma disegni con logica definita. Li ho appesi a una parete, alle persone piaceva. Dopo una settimana ho deciso di prendere un banco da scuola anni ’80, penna, cartoncino e un invito a poter fare il proprio ghirigoro”.
In due mesi gli 820 ghirigori esposti a MancaSpazio II, quelli delle persone coinvolte (51) sono presenti nel catalogo.
“Il catalogo si presenta al pubblico con una copertina bianca disegnabile. Una forma particolare personalizzabile da tutti, il che lo rende un pezzo unico”, spiega Isabella Muzzu, grafico.
“Sulla grafica è stato molto stimolante per me. Inoltre l’anno scorso mi ero proposta per creare il logo, un gomitolo che ha segnato tutta l’identità visiva del primo anno del Museo. Quest’anno, in vista dell’esposizione a MancaSpazio, ho lavorato sul bianco e nero per rendere concreta l’idea di passo in più. L’inizio di una nuova stagione. Da lì il catalogo e il pieghevole”.
Il Museo del Ghirigoro ha una storia interessante e a molti sconosciuta.
Si parte dal fotografo Mario Saragato che in uno dei suoi 28 cataloghi racconta la storia di Évariste Galois, un matematico francese dell’Ottocento che perse la vita in un duello contro un militare per amore.
“Sapeva benissimo di dover morire – racconta Saragato -. Passò così la notte a scrivere 16 pagine di sole formule matematiche, senza avere però il tempo di spiegarle. Scrisse allora “è così, però non ho il tempo di spiegarlo”. Il tempo era l’aspetto più importante del manoscritto, sui bordi creiamo spesso cose prive di logica, soprappensieri. Da questa ispirazione nasce il Museo del Ghirigoro”.
Giovanna Pittalis
(PH Daniele Brotzu)
Cenzo Cocca
Andrea Cocca in arte Cenzo, nasce a Ghilarza (OR) il 28 dicembre 1994.
Oggi vive e lavora a Olmedo dopo un trasferimento che segnerà la sua vita e il suo percorso artistico.
Nel 2015 inizia a studiare come stilista a Nuoro presso la storica sartoria Pinu con due anni di accademia percorso intensivo e un anno di borsa di studio tramite la Fondazione Sulas. “Durante il percorso mi interesso all’arte, grazie anche a Giuseppe Pinu che ha introdotto questo affascinante mondo e grazie a Nuoro”, sottolinea l’artista.
“Nel 2016 accompagno allo studio la sperimentazione. Il filo è stato mio amico e nascono in questo modo le prime opere cucite: i ritratti”.
Una tela diversa dall’ordinario, che si fa strada su lunghe linee tracciate da fili colorati in cerca di meta e definizione.
Appaiono, però, così familiari e interi che sentiamo i suoi fili scorrere tra le vene trasmettendo un’energia sensazionale, ricca di dopamina, cucendo tutte le ferite, le riparano. Al filo e al disegno Cenzo Cocca aggiunge mollette, graffette, carte da gioco, tutti materiali semplici. “Ho unito le due strade dopo la borsa di studio – racconta -. Il lavoro è stato quello di ricerca sulla vita del professor Giovanni Antonio Sulas. Da lì la prima mostra personale vera e propria in piazza Tola a Sassari sulla sua figura, una biografia con le persone che ruotavano intorno a lui”.
A seguire mostre collettive e personali tenute sempre per mano da una sperimentazione costante “Il sogno iniziale era disegnare e dipingere ma non avendo tecnica ho iniziato a cucire sopra. Il filo è il mio colore”, dice Cocca.
La ricerca lo conduce come, appunto, un filo di Arianna agli astratti “Ne ho prodotto tre serie – afferma l’artista -. Tra questi quelli esposti a Samugheo sono caratterizzati da dimensioni piccole e dal nero. Si parte dal buio con il nero e si arriva alla luce con il blu. Una sorta di salita o discesa, una diagonale”. “Per questo tipo di lavori parto dal bianco, un momento più luminoso. Mi piace pensare siano ricostruzioni, un puzzle”.
Poi la mostra a Sa Mandra e MancaSpazio, dove l’artista evidenzia esperienze “Ricollegare i segni del tempo, le crepe – si perde nei suoi pensieri Cenzo, trascinando il mondo circostante -. Parto sempre da un tema, un avvenimento. Ho più consapevolezza forse rispetto al passato su alcuni argomenti e mi piace affrontarli. Li analizzo. In questo periodo sto lavorando anche con le carte sul tema dell’abitazione. Mi lascio guidare anche da chi circonda la mia vita. Le persone diventano punto di riferimento nel momento in cui decidono di aiutarti e far uscire fuori lati di te. Chiara Manca è una di quelle persone, ti porta al limite, te lo fa conoscere. Le persone nell’ambiente artistico sono tutti dei punti di riferimento soprattutto i curatori: la già citata Chiara Manca, Barbara Pavan, Stefano Resmini, Anna Rita Punzo e gli artisti, mi hanno aiutato tanto”.
Nonostante la cerchia ben ampia di legami e affetti, Cenzo talvolta predilige il silenzio e la ricerca della solitudine, sé stesso. Una sorta di equilibrio che si trasforma in arte. Troviamo, nei suoi rifugi silenziosi, tante persone e personaggi.
Un esempio è Frankie, un personaggio inventato che racchiude tante persone “Il nome mi aveva colpito, ho deciso di chiamarlo così. Iniziavo a ritagliare i cuori dalla carta da gioco con lo spillo o con l’ago. Estrapolo il cuore che guida e accompagna. Attraverso i segni delle carte Frankie gira un po’ il mondo e cerca l’amore, i sentimenti. A mano a mano ho inserito altri personaggi: poliziotto, giocatore di basket. Un simbolo per inviare il messaggio dell’uguaglianza, inviano, portano qualcosa, li mando quasi in missione”.
“Alle figure tradizionali in quest’ottica sono arrivato per passione. A Nuoro guardavo spesso i costumi e ciò che è tradizione. Ho iniziato per curiosità semplicemente vestendo uno dei miei personaggi con un abito sardo. Ho spaziato poi a tutti gli abiti tradizionali e maschere. Adoro giocarci e lascio sempre spazio all’immaginazione”.
È con questa modalità che l’artista Cenzo Cocca riesce ad arrivare agli altri. L’indagine, il silenzio e la scoperta sono le parole che più lo rappresentano. Come una calamita attira gli altri verso l’arte.
I suoi fili segnano strade lungo tutto lo scrigno di carne che definiamo corpo.
Cenzo è osservatore dei lati umani più profondi, scava e riporta alla luce. Agli altri non resta solo che ammirare la bellezza imparando a guardarsi con occhi diversi e forse ad amarsi di più.
Giovanna Pittalis